martedì 22 gennaio 2008

L’ ultima ruota d’ Europa ?

La crescita economica italiana è inferiore alla media dell’Euro-zona, le analisi riguardanti il biennio 2007-2008 ci proiettano all’ ultimo posto.


«Nel 2008 la crescita economica dell’ Italia sarà la più bassa nell' Eurozona».Questo il chiaro e duro monito del presidente Joaquin Almunia. I dati elaborati dalla commissione Ue non lasciano dubbi, l’ Italia si appresta a divenire il fanalino di coda tra le big d’Europa.Le “previsioni d’autunno” dell’ organismo europeo riportano che nel 2007 il Pil italiano crescerà dell'1,9%, rallentando all'1,4% nel 2008.La zona euro, invece avrà un tasso medio di crescita pari al 2,6% nel 2007, per poi scendere al 2,2% l’anno seguente.Il divario è in parte spiegato dalla mancanza di competività dell’ Italia in settori chiave. Imprese sotto il controllo estero detengono ormai una quota importante delle attività nazionali: compagnie telefoniche, elettrodomestici, supermercati, informatica e così via.La strategia dei grandi gruppi internazionali è quella di collocare le attività produttive in paesi a costi ridotti, per poi insediarsi nelle imprese commerciali avviate.In questo modo cercano di assicurarsi il controllo dei mercati nei paesi sviluppati.A tutto questo fa fronte l’indebolimento della struttura industriale italiana.La cui causa sta soprattutto nella composizione, caratterizzata prevalentemente da piccole e medie imprese.Le quali sono attive in settori soggetti ad una spietata concorrenza globale. L’avvento del mercato cinese ne è l’esempio più concreto. In questi anni così, si nota come l’ azienda italiana abbia avuto paura di crescere. Al posto di manager preparati si è preferita una logica famigliare, per non correre il rischio di perdere il controllo societario.I dati riportano che nel settore industriale il 90% delle ditte è formato da meno di dieci componenti.La grande impresa, al contrario è presente in poche unità e manca di dinamismo. I gruppi italiani, oltre a perdere sempre più potere nel panorma nazionale, hanno un’ incidenza del solo 6% sul fatturato delle compagnie multinazionali, rispetto al 35% e 23% di francesi e tedeschi.In alcuni campi poi , come l’informatica, vedi Olivetti, aziende che competevano a livello internazionale sono del tutto sparite.Per non parlare delle imprese pubbliche, con il caso Alitalia sotto gli occhi di tutti. La compagnia aerea di bandiera è in vendita da più di 11 mesi, perdendo in media 2 milioni al giorno per un totale di 500.Alla base di tutte queste problematiche vi è una carenza di investimenti nelle persone.I nostri laureati sono la metà in confronto allo standard europeo, mentre gli anni di scolarità superano di poco la media mondiale, attestata su valori piuttosto bassi.In Italia il sistema istruzione-formazione, finalizzato alla ricerca del lavoro, funziona male.Per risanare l’ economia bisogna investire nella ricerca, nello sviluppo, nel capitale umano, basi fondamentali anche per il rilancio industriale.L’ esempio della Fiat non deve cadere nel vuoto.


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